Manifesto dell’Università degli Orti

Ogni giorno tonnellate di cibo entrano nelle città e altrettante tonnellate ne fuoriescono sotto forma di rifiuti e scarichi. In mezzo a questo spostamento, avviene una conversione di queste risorse in energia umana, carne, sudore, anidride carbonica e calore. Il bilancio energetico vitale e di massa di una città è legato all’incessante movimento dovuto alla separazione sempre più netta tra le persone e le loro principali fonti di cibo. Fortunatamente, sempre più persone oggi cominciano a produrre cibo proprio là dove vivono: in appezzamenti di terreno vuoti, sui balconi, nei cortili. A prima vista, le attività agricole potrebbero sembrare tra le meno adatte alla vita urbana. In realtà, invece, in gran parte del mondo, tra le città e l’agricoltura esiste un rapporto di lunga data.

A cominciare da Mantova: basta avere la possibilità di vedere le mappe catastali di 80-100 anni fa, per “scoprire” come la fascia della città a sud addossata all’allora Fossa Magistrale, non fosse altro che una enorme ed ordinata ortaglia destinata a sostenere l’alimentazione dell’intera città. La Mantova degli orti, tra via Giulio Romano e viale Risorgimento era una realtà produttiva importante per l’economia locale. Il Kilometro Zero era la norma in fatto di consumo di ortaggi.

Queste considerazioni sono importanti per attribuire all’argomento “orti in città” la sua giusta collocazione, riconoscerne la sua dignità specifica che va ben oltre la funzione attribuita negli ultimi anni di “tempo libero per particolari fasce sociali”.

L’orto urbano è sicuramente un elemento che si inserisce in modo automatico nell’immaginario di chiunque affronti gli argomenti del disegno della città, delle funzioni del verde pubblico, dei vuoti urbani da riempire. E’ un modo di ripensare la città, ma anche la propria vita, perché parte da un punto di vista diverso, “basso” ed estremamente concreto. Si crea infatti, nel contatto con la terra generatrice, un legame vero con il territorio, il territorio reale e proprio, non illusorio e immaginato da altri per noi. Ecco quindi che la presa dell’orto che viene affidata alle mani del cittadino è una immagine di una città che “produce” futuro, che avvicina in modo non figurato l’uomo al suo luogo dandogli “senso” e l’uomo agli altri generando “convivialità”. Di che altro si può avere bisogno?

Prendersi cura di un metro quadro di terra generatrice è iniziare a capire che in un mondo globalizzato, uniformato nell’economia e nelle scelte, sarà il cosiddetto “orto planetario” quello che ci permetterà di sopravvivere, quel sottile e fragile strato di humus senza il quale la vita non si riproduce.

Non è più quindi una questione che riguarda “gli anziani”, quasi fosse un ghetto. Tutti i cittadini hanno il loro vantaggio ad avere uno spazio per confrontarsi tra loro e con se stessi tramite il pomodoro e il broccolo, ma anche il tulipano e la dalia, o il piccolo albero nato dal seme raccolto, da trapiantare poi in ben altri spazi più adatti, magari sempre “pubblici”.

E’ importante porsi il problema di un modo più utile di pensare all’uso del proprio tempo e del proprio ambiente. Ad attività che portino beneficio a mente e corpo, alla propria tavola e, un po’, perché no, al proprio portafoglio. Sono tempi di crisi economica, per cui un po’ di cibo “autoprodotto” non guasta; ma anche di crisi culturale: e prendersi cura di se stessi attraverso attività riflessive, ma concrete e manuali, si sa…. fanno miracoli.

E anche se alla fine l’aspetto più importante dell’agricoltura urbana potrebbe non essere la quantità di cibo che si può produrre (sebbene questo non sia un elemento insignificante, soprattutto per una larga fascia di cittadini), quello che resta è la consapevolezza del modo di produrlo: si tratta di vedere se questo modo, oltre a farci guadagnare un po’ di tempo prezioso per noi stessi, renderà gli abitanti delle città maggiormente consapevoli della loro relazione con i meccanismi di funzionamento del pianeta.

 

Sulla funzione degli orti nella città, attento a quanto già sta succedendo in moltissime città d’Europa e del mondo, Parcobaleno ha messo in atto un progetto di approfondimento per riscoprirne le funzioni sociali, culturali e produttive, con l’ambizione di coinvolgere tutti i cittadini interessati. Attraverso incontri e attività concrete, l’Università degli Orti si propone l’obiettivo di contribuire con piccole nuove/vecchie idee al ridisegno di una città che sembra non tener conto della propria storia e del futuro a cui andiamo incontro. Un inizio di attenzione, un modo semplice e sincero di trovare il “senso del luogo” dove si vive.